"che basta un filo di vento
per venirci a guidare
perché siamo naviganti
senza navigare
mai."

giovedì 2 agosto 2012

Stay hungry, stay foolish


La prima volta che l'ho sentita dire ho pensato che fosse una di quelle frasi a effetto senza vie di mezzo, o la ami o la odi. Considerando chi l'ha pronunciata, se ami la mela, è probabile che ami anche la frase. Mi è tornata in mente qualche giorno fa, completamente fuori contesto, e ho pensato che sia molto adatta per chi fa il mio lavoro. Certo, il significato originale viene completamente stravolto.

Stay hungry. Se il tuo sogno è mantenere il peso forma e non ingrassare dopo la gravidanza gemellare, puoi stare puoi stare pure tranquilla: la tua silhouette non ne risentirà per niente. Il ricercatore è per sua natura sempre hungry. Affamato di soldi per finire un progetto, per iniziarne un'altro, per rientrare dei costi sostenuti per quello che ha appena chiuso. Affamato di una scrivania con un cavo LAN che esce dal muro, affamato di un accesso a una banca dati.

Stay foolish. Prova a incastrare nella tua carriera accademica: un dottorato, un esame di stato, un matrimonio, la ricerca all'estero, due figli. Poi dopo il dottorato metti insieme due docenze a contratto, in due università diverse, un tutoraggio, in una terza università, e la ricerca, perché in fondo è quella roba lì che ti piace fare, tutto il resto è un contorno, stimolante, interessante, che non ti annoia mai, ma pur sempre un contorno del piatto principale. Coltivi il tuo orticello, mantieni attivi i tuoi contatti e cerchi di portare avanti il tuo lavoro anche se sei hungry perché i soldi dei contratti servono per mandare avanti i contratti, non per fare ricerca. Nel frattempo i due pupi crescono e, nonostante le notti insonne, non hai ancora perso le speranze. Si certo, in quel frangente non hai scritto un beneamato, perché o cresci i marmocchi o dormi e scrivi. Arriva l'occasione, quella con la A maiuscola. Parti, trasferisci ¾ di famiglia al di là della manica e incroci le dita, e speri che tutto vada bene, ma hai una paura fottuta che tutto vada a puttane. Non è così, le cose magicamente si incastrano (magicamente un cazzo, ma va beh).
Ti chiedi chi sei, cosa farai nella vita, cosa racconterai ai tuoi figli quando ti chiederanno: tu, mamma, che lavoro fai? Cerchi di tenere insieme i pezzi di quello che sei e speri, speri di non aver preso la decisione peggiore della tua vita quando hai pensato che la ricerca potesse essere un lavoro. Che poi lo vedi tutti i giorni, il lampo che passa negli occhi di qualche tesista. Per fortuna non tutti. Quel lampo che quando lo vedi, pensi: ecco, ci siamo, un altro cervello fottuto. E sai perfettamente che qualsiasi cosa dirai o farai non cambierà quella luce perché è la tua stessa luce.

Sei sempre hungry e completamente foolish, ma non puoi fare a meno di pensare che qualsiasi cosa succeda, nessuno ti toglierà mai dalla testa che quello che vuoi è proprio quello che fai perché è quello che sei. 

venerdì 15 giugno 2012

Rendere esplicito l’ovvio

Gli inglesi hanno molte buone qualita’, ma anche alcuni difetti davvero irritanti. Uno di questi e’ il bisogno costante di rendere esplicito l’ovvio.

Per esempio, sei in autostrada e stai andando da Milano a Varese e trovi uno di quei cartelli elettronici che ti dovrebbero dire cosa succede nel prossimo chilometro e mezzo. Pace che ti inviano sempre dei messaggi devastanti che ogni volta chi ce le ha se le tocca. Pace che a volte mancano delle lettere e allora ti metti a giocare con tuo marito cercando di indovinare cosa voglia dire la scritta: lgga i tuoi banbi. Pace che, cosi’ facendo, prima o poi qualcuno si impala davvero. Ma almeno se sono spenti sono spenti. Amen. Non ci perdi il sonno la notte. Alzi appena lo sguardo, ci passi sotto ed e’ andata: stai gia’ pensando al fine settimana che ti aspetta dai suoceri.

Se invece stai andando tipo da Stoke-on-Trent a Birmingham, non e’ mica cosi’ semplice. Intanto i cartelli luminosi funzionano sempre tutti, che mica li hanno messi li’ a caso. Lascia stare che le informazioni che ti danno sono dei riassunti del bigino di quello che avresti bisogno di leggere per capire cosa sta succedendo (ma questa e' forma mentis; te non capisci, loro si). Lascia stare che le uscite le hanno diligentemente numerate e che se c’e’ un ingorgo ti dicono con precisione quale ti conviene prendere per non rimanere bloccato.

Ma, poi, per essere proprio precisi, quando un cartello luminoso non funziona loro te lo dicono. Mica che ci passi sotto, lo vedi spento e vai in panico. Eh no! Sotto il cartello luminoso, ne mettono un altro che dice che il cartello luminoso posto poco sopra non sta funzionando. E son furbi: il cartello che dice che il cartello non funziona non e’ luminoso, altrimenti ne devono mettere un altro in caso.

E te torni a casa tranquillo, senza diventare matto a chiederti cosa ci dovrebbe essere scritto su quel cartello luminoso se non fosse spento. Che poi il dubbio che sia davvero spento ti viene... non e’ che sembra essere solo spento, ma invece non lo e’? E invece no, loro ti risparmiano tutto questo pensare, cosi’ hai le energie per fermarti da Morrison’s a lasciare i piumoni da lavare alla signorina della lavanderia che dopo aver visto la tua roba, sorridente ti dice:
“Good evening madam. Are they duvets? Do you want we wash your duvets?”

Per dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?

La montagna rilassa, il mare stanca. 
Ma a me, ancor di più, stanca l'aereo. 
Nelle scorse settimane ne ho presi diversi, direzione UK of course ma anche in giro per lavoro. 
L'altra sera al nastro dei bagagli di Malpensa ho capito che è il caso di fermarsi qualche giorno a ricaricare le pile...
Stavo aspettando la mia valigia, quando si avvicina una signora che mi fa: "scusi, da dove arrivano questi bagagli?"


E io, serenamente rimbambito dalle miglia accumulate: 
"vede, là dietro c'è un buco che da qui non si vede, ma escono da lì, poi fanno tutto il giro sul nastro - rafforzando il concetto "tutto il giro sul nastro" disegnando nell'aria con l'indice il percorso dell'ovale - e poi arrivano proprio qui ai suoi piedi".
Buonanotte.



martedì 29 maggio 2012

The Big Lunch

Gli inglesi sono un popolo di gente che sa come divertirsi. Sono circondati da una campagna meravigliosa, hanno fattorie da visitare, porti fluviali, prati e boschi. Hanno infiniti parchi a tema, musei (che piacciono anche ai bambini!), acquari, ricostruzioni di villaggi vittoriani con figuranti in costume. In questi due anni abbiamo provato di tutto. Abbiamo collezionato biglietti di ingresso di qualsiasi attrazione nel raggio di 2 ore di macchina da Keele.


C'è però un'idea semplice che quelli di The Eden Project (le biosfere in Cornovaglia) si sono fatti venire in mente e che io ho scoperto per caso: The Big Lunch. In un giorno stabilito a priori e uguale per tutti, organizza un pranzo con tutti i tuoi vicini di casa. Quelli di Eden Project ti forniscono le idee e il materiale per realizzare l'evento: logo, inviti da distribuire ai tuoi vicini, bandierine, stickers, consigli su come coinvolgere altre persone nell'organizzazione. Il punto è: falla semplice, usa quello che hai in casa (tavoli da campeggio, panche), chiedi quello che non hai, invita tutti a portare qualcosa e fatti aiutare. L'anno scorso hanno partecipato più di un milione di persone e quest'anno hanno organizzato il Big Lunch durante i festeggiamenti del giubileo della regina, quindi la partecipazione sarà ancora più elevata.


A me questa sembra un'idea semplice ma molto carina. Per gli inglesi si tratta di vincere la loro naturale ritrosia e timidezza che talvolta li fa apparire ruvidi e scontrosi. Si tratta di condividere qualcosa; si parte da una fetta di pizza e un cucchiaio di cus-cus per poi, magari, arrivare ad altro. Si tratta di apprezzare le persone che ci vivono accanto anche e non solo perchè hanno il giardino tirato a lucido (ah, no, dimenticavo, per quelle le odiamo).


Che poi la gente, si sa, in queste situazioni si sbizzarrisce. C'è chi organizza uno street party con le palme, la sabbia e le piscine gonfiabili. C'è chi la butta sullo scambio culturale. C'è chi si mette a dipingere le strade. C'è chi è per l'utile sociale e organizza raccolte di abiti usati, cibo, o lezioni su come domare gli incendi dolosi (ebbene si).


La data quest'anno è il 3 di giugno. It's not too late.

domenica 27 maggio 2012

Una questione d'educazione

Altro che armi atomiche, virus letali, veleni al plutonio... se Hitler avesse avuto idea di cosa passa per la testa degli inglesi... Fatherland non sarebbe fantapolitica.
Gli inglesi hanno paura del sole. Ne sono terrorizzati. E considera che qui ci sarà il sole 24 giorni l'anno. Niente, quando esce un pallido raggio, vengono presi da un panico irrefrenabile e iniziano ad accartocciarsi come vampiri.

Alla nursery, per esempio, c'è una regola tassativa che se non la rispetti, ti rispediscono i bambini a casa (e sotto il sole): bisogna portare la crema solare protezione 50. Tu li iscrivi a gennaio e loro dopo una settimana iniziano a chiederti se sei consapevole dei danni da esposizione. E poi se te ne dimentichi, diciamo come capita a me, ti fanno sentire una merda, la sera, davanti a tutti, quando li vai a prendere.

La maestra ti guarda con la faccia sorridente (non ti far ingannare, è quando sorridono che devono fare davvero paura) e ti fa: "
oggi è andato tutto bene; hanno mangiato xxç@wwvv (vai a capire che cavolo mangiano ogni giorno); siamo usciti e hanno giocato a pirati e poliziotti.
Ah, poi... abbiamo messo la crema solare”.
Ti sorride ancora e ti tiene lo sguardo piantato addosso.
E poi ti fa: “Domani usciremo ancora. E se è bello... avremo bisogno della crema solare”.

Ah, ok, grazie... bambiniiiiii andiamo che dobbiamo andare al supermercato, daiii di corsaaa...

Un giorno c'era un papà che ha assistito all'ennesima scena ti sei ancora dimenticata della crema, e dopo il cazziatone cerca di fare il gentile e mi fa: “non mi sembra che ci sia ancora così tanto sole da dover mettere la crema”. Ma se non lo sai tu, Chris, che sei inglese!? Ma poi che vuoi sapere, che hai sposato una brasiliana!

Giorgio, che è un tipino ligio alle regole, è stato completamente assorbito da questa mentalità. È una settimana che ci sono 28 gradi e che tornano a casa con gli aloni bianchi anche tra i capelli. Oggi siamo stati al parco e io, ehm, mi sono dimenticata la crema... a scuola.
Quindi ci ho provato. Vabhe, bambini, si c'è il sole, dai, ma poi neanche più di tanto. Dai che per una volta non vi succede niente... adesso andate a giocare, dai, via nella sabbia...

Questa sera, dopo la doccia, Giorgio si guarda le braccia, mi guarda la faccia, guarda Edo e mi fa:
"mamma tutto questo colore... è il sole?"
"Ehm, si Giorgio perchè?"
"Adesso cosa ci succede, mamma, ci portano tutti all'ospedale?"
Oh madonna santa.

sabato 5 maggio 2012

In crisi....d'Identità


Quando arriva il momento di tornare a casa, succede sempre di tutto. Questa volta, prima delle vacanze di Pasqua, scadeva la carta d'identità. Ora, vivendo all'estero da oramai quasi due anni mi è toccato rinnovare tramite il consolato. Che la carta d'identità è una di quelle cose stupide, vai in comune, metti un paio di dati inventati – 1.65 mt, 58 kg, biologa... no, ehm, quello è colpa dell'impiegata di Milano che proprio psicologa non lo capiva, ma vabhè -, metti la firmetta e te ne ritorni a casa. Questo, invece, è quello che capita se sei italiano all'estero.

Vado sul sito del consolato e mi sembra tutto chiaro. Due opzioni: proroga carta vecchia – gratis – o rinnovo e rilascio carta nuova – infinite sterline da pagare tra francobolli e tasse -. Uffici aperti tutte le mattine dalle 9 alle 12; al telefono rispondono 2 pomeriggi dalle 2 alle 4. Bon, proviamo.

Primo tentativo: chiedo la proroga (no, il documento non era rovinato, all'anima loro). Certo, quando ho letto che avrei dovuto inviare il mio documento in scadenza (il solo che possiedo) all'unico ufficio pubblico in UK che ti carica 1 pounds se paghi con la tua debit card, mi è venuto un leggero brivido gelato lungo la schiena... Per l'appunto: dopo tre settimane dall'invio dei documenti a Londra, mi mandano una mail (da Londra, lo ripeto) per farmi sapere che non possono rinnovarmi la carta d'identità perché è troppo rovinata (no, il documento non era rovinato, all'anima loro). Sto a dieci giorni dal rientro a casa. 

Tentativo numero due. Mando un altro applichescion form; il gentil ragazzo, con accento romano, al telefono mi dice che il comune di Varese ha 3 giorni di tempo per rispondere; è la legge mi dice. Cazzo, la legge, comune leghista... mizzega, sto giro a casa non ci vado proprio... Vabhe, incrocio di nuovo le dita e spero che riescano a mettere insieme la mia precedente richiesta con documento vecchio + dichiarazione firmata dal marito per i minori a mio carico (questa parte bene bene non l'ho capita, ma è uguale) con quella nuova che gli mando. Ah, mando a Londra, lo ridico. Il consolato sta là.

Partenza prevista per giovedì santo, il venerdì precedente arriva una mail che dice:

Gentile Signora,
abbiamo ricevuto la sua carta' d'identita'.
Potra' venire a ritirarla presso lo Sportello Consolare durante le ore di apertura al pubblico                                anche senza appuntamento.
Distinti saluti

Evvai, penso io, è fatta! Ma compio un errore fatale: non leggo l'indirizzo email del mittente. Organizzo il viaggio a Londra per il martedì: treno prenotato (che costa meno), itinerario stabilito, gemelli piazzati (nonostante il febbrone a 39 che impazza da venerdì notte, in tandem... l'ho detto che quando dobbiamo tornare a casa non ne gira una).

Sono giù per le 10, che gli uffici aprono alle 9, ma scopro che le carte d'identità le consegnano dalle 2 alle 4. Ma porc!@xy!... Vabhè, troverò qualcosa da fare a Londra per 4 ore, no? Diana e Dodi! HARRODS!! Vai, vai, vai. 
Alle 2 torno in consolato e mi sento dire che siccome io vivo a Stokke on Trente, allora io devo andare a Manchester a prendere la mia carta. Ma come a Machester, cazzo? Eh si, mi fa l'impiegato, ma non ha visto l'indirizzo mail del mittente? (scatta una sequenza inenarrabile di !@xy!zuw)
Corro in stazione che la nanny ha pure deciso che oggi non risponde a nessuno dei 2 cellulari che ha e nemmeno al telefono di casa, ma porca !@xy!zuw. Il treno già pagato ovviamente è andato, il biglietto non me lo rimborsano, totale andata e ritorno: 200 sterline, ma porca !@xy!zuw

Il giorno dopo, mercoledì prima di partire, mi sveglio per andare Manchester e?? NEVICA! Ma porca !@xy!zuw.
E, ah, a settembre mi servirebbe un documento per far tornare in Italia i gemelli con i miei. Come dici? A chi devo chiedere? Al consolato? A LI MORTACCI TUA E DE TU NONNA!!! 

venerdì 30 marzo 2012

Are you ok, today?

Tu fai tutte le lezioni d'inglese per benino, alle scuole medie, alle superiori, magari anche qualche corso privato, cassette, cd e qualche video.
Poi oltrepassi la manica, ti trovi di fronte la prima cassiera e, tutt'a un tratto dopo il saluto iniziale scatta la formula magica: are you ok, today?
Detto velocemente e con l'accento locale, ovviamente.

Ma il punto non è l'accento; è che ti aspetti un "how are you" o un "how do you do" (formula a cui dicono bisogna rispondere con una formula identica, tipo quando dalle mie parti vai al negozietto di alimentari e a fine spesa la sciura ti dice: altro? E tu devi rispondere perentorio: altro! Che poi significherebbe nient'altro, grazie).
E invece questi ti sbattono lì un "are you ok today", e tu pensi le seguenti cose, in serie:

...oh, mi ha chiesto se sto bene... no, non come stai, no, vuol proprio sapere se sto bene. Evidentemente non mi vede benissimo, si vabbè il viaggio, l'aereo ballava, ma devo proprio avere una brutta cera per chiedermi se va tutto bene...
...e poi che vuol dire "today"? Vuol sapere se va tutto bene oggi? Si certo che va bene, sono appena arrivato, fammi pagare sta bibita e sto giornale che devo andare dai miei... Magari non è convinta dei miei acquisti e mi vuol far capire con un giro di parole che non apprezza il mensile top gear o lo smoothie al gusto mango-marmite...
No, no, lei specifica oggi perché pensa di avermi visto ieri e vuol sapere se finalmente m'è passata, perché ieri, caro mio, eri messo veramente male e allora: oggi come va? Sei a posto oggi? Are you ok today?
Ah, chissà con chi mi ha confuso... io stavo benissimo anche ieri. Certo, oggi 'ste occhiaie non se ne vanno, mi sono svegliato presto, poi al lavoro, poi il viaggio, ora prendo una macchina e corro dai miei...
Io mi fermerei anche a spiegarti tutto ma a te non frega niente, ormai l'ho capito e allora faccio come tutti gli altri, dico "I'm fine", che non serve nemmeno il thanks, vi ho ascoltati voi inglesi, mica lo dite, anzi spesso non rispondete nemmeno. E allora io rispondo dicendo pianissimo "perepèppepe".
Today, e se mi gira pure tomorrow.

martedì 27 marzo 2012

Una bella giornata

Sarà che oggi sono finalmente riuscita a mettere fuori il naso dal mio polveroso ufficio; sarà che finalmente sono riuscita a prendere un pò le distanze da una ricerca che mi sta sfinendo con la sua incredibile lentezza; sarà che ho fatto un bel viaggetto fino a Londra e ho visto il cetriolone della City; sarà che ho scoperto di adorare il marzo inglese, il sole caldo, il cielo terso, neanche un filo di vento; sarà che la campagna inglese oggi sembrava quella dei film, tirata a lucido, le case ordinatissime, le pecore nei prati, ogni filo d'erba al proprio posto; sarà che sentire di essere stata sufficientemente efficace è una bella ricompensa per la fatica che si fa tutti i giorni; sarà che guidare tornando a casa con i Beatles, i Coldplay e Yann Tiersen in sottofondo fa venire alla mente cose che manco ti immaginavi di poter pensare e poi con la campagna inglese, chetelodicoaffà, ci sta da dio; ma soprattutto sarà la Badger First Gold Single English Hop fresca che mi sto scolando...

… sarà quel che sarà, oggi è stata una bella giornata. E domani si vedrà.

Peccato solo che qui non ci sia l'unica persona con la quale varrebbe la pena di condividere tutto questo. Eccetto la birra, ovviamente.

lunedì 5 marzo 2012

Lucio in the sky with diamonds

In questi giorni tutti hanno postato qualcosa in favore o in ricordo di Lucio Dalla. Ecco arrivato il mio turno. Per essere onesti, non è che io mi sia mai molto appassionata alle sue canzoni a parte forse quella sul lupo in cui ballava in modo buffo con le due signore in carne accanto. Il fatto è che ho una nonna cui piace raccontare sempre le stesse storie e questa su Lucio Dalla ha popolato i racconti della mia infanzia e continua tutt’ora ad essere presente, basta dire “nonna, raccontami un po’ quando...” e lei attacca a raccontare...

I nonni avevano un negozio di alimentari nello stesso palazzo in cui vivevano: lato strada il negozio, terzo piano l’appartamento. I nonni sono due pragmatici e anche un po’ calvinisti, direbbe mio marito. Il lavoro prima di tutto. Vivere 3 giri di scale sopra il negozio era comodo. Potevano scendere presto la mattina per aprire, potevano tenere aperto fino a tardi la sera e non c’era il problema di perdere tempo per tornare a casa a mangiare. Ai tempi, il palazzo era vecchiotto e tenuto decisamente male. C'era una scala enorme che saliva agli appartamenti. Ricordo che potevo stare tranquillamente sdraiata su un gradino per il lungo mentre le persone salivano ai piani. L’illuminazione sulle scale era fioca e le ombre erano ovunque. Ogni volta che scendevo o salivo da quelle scale, ricordo che lo facevo di corsa perchè me la facevo addosso dalla paura.

Un paio di giri di scale sotto i nonni viveva una signora che sosteneva di essere una podologa, che c’ho messo anni a capire cosa diavolo facesse per vivere. Questa tizia era un poco particolare, almeno agli occhi della nonna che ci viveva sopra. Musica alta a tutte le ore del giorno e della notte, presenza costante di fumo che sembrava incenso (ma che ne sa la nonna del fumo che sembra incenso...), uomini a ogni ora della notte (altro che podologa, si)... insomma un gran casino.

Beh, insomma, un giorno la tizia incontra mia nonna e le dice che di lì a poco si sarebbe sposata ... con Lucio Dalla!! Io me lo vedo lo scambio tra le due, con la matta che si vanta di aver accalappiato un uomo ricco e famoso e la nonna che, in dialetto lumbard, le fa “cun chi a l’è che la s’ha spusa? ul Lucio Dalla?? Ma va a ciapà i ratt”.

Nonostante l’incredulità della nonna, i preparativi per la cerimonia iniziano. Devo dire che qui il racconto diventa piuttosto confuso per via della tendenza, tipica di mia nonna, a esagerare con i particolari. Si narra di gente venuta a pulire a specchio le scale e gli androni del palazzo. Si racconta dei fiori, delle candele e dei metri di tulle che la tizia si e’ fatta portare per gli addobbi. Si dice dei camioncini pieni di piante per abbellire... insomma, tanto ha fatto che alla fine i nonni ci stavano iniziando a credere e si aspettavano di veder comparire Lucio da un giorno all’altro.

Povera podologa... i giorni passavano, i fiori appassivano e di Lui nemmeno l'ombra! A quanto ne so, nessuno ha mai avuto il coraggio di chiederle cosa fosse successo e lei dopo un po’ ha cambiato casa. Ecco, ogni volta che penso a Lucio Dalla, mi vengono in mente mia nonna e la storia della podologa matta. Ovunque si trovi, spero ovviamente che non stia ancora aspettando il suo Lucio.

mercoledì 29 febbraio 2012

Quando hai una ventenne che gira per casa…..


… te la trovi mezza nuda con -5 perché alla festa cui deve partecipare le ragazze entrano gratis se sono in t-shirt, ancora meglio se scollata. E quando torna a casa dicendo che le hanno palpato il sedere per tutta la sera, ti viene da pensare, anche se non lo dici, “chiamali stupidi!”

… ti abitui alla voce da licantropo che le viene la mattina (diciamo il pomeriggio va là) dopo la festa

… nel frigorifero ti ritrovi delle siringhe strane senza ago con dentro della gelatina trasparente. E impari che per conservare la gelatina il frigorifero deve stare al massimo che poi ti vengono le stalattiti peggio della grotta in Garfagnana che ho visitato con i miei quando ero bimba. Ma, tranquilla, tanto il contatore della luce mica salta, che qui ci hanno dotato di ben 13 kw

… devi combattere contro discutibili credenze a base di gente che si è curata il cancro con il succo d'arancia e di divieti a mettere i vestiti sui caloriferi altrimenti prendono fuoco

… scopri che la meditazione è davvero, ma davvero, importante e per farla bene bisogna purificarsi, motivo per cui devi comprare della roba strana (leggi costosissima) da mangiare, tipo: il latte di capra, il riso rosa della Camargue, il sale rosa dell'Himalaya, un particolare tipo di semi che secondo me se te li beccano in frontiera mica passano (non come quelli che io una volta... ma questa è un'altra storia). 

Però ancora non sei arrivata a capire cosa c'entrano con la meditazione le tre fette di toast con sopra un etto di burro salato che ogni mattina si mangia o la pizza formato famiglia di Domino's con tanto di salsa all'aglio sopra che si è pappata l'altra sera... poi se ti sforzi e ci pensi bene, ti viene in mente! Eh, certo, non ha mica bevuto la coca zero che c'ha dentro l'aspartame e quello, si sa, è veleno per la meditazione

… ti abitui a finire tutto quello che lascia indietro: l'ultimo dito e mezzo di acqua della bottiglia, l'ultima dose di shampoo, l'ultima fetta di prosciutto nella vaschetta...